C’è un monte avvolto dalle nebbie, un luogo dove la realtà si confonde con le leggende, si chiamava Fumaiolo, e nessun uomo osava scalarlo per paura di scomparire tra i suoi vapori eterni. Un tempo si diceva che creature misteriose lo abitassero, e che solo loro potessero comprendere i segreti nascosti tra le sue rocce. Ma un giorno, dal ventre della montagna, nacquero due fiumi gemelli, ciascuno con un destino da compiere: uno voleva raggiungere il mare il più rapidamente possibile, l’altro desiderava conoscere il mondo prima di tuffarsi nell’eternità. La loro scelta avrebbe segnato la loro esistenza.
C'era un tempo, tanto lontano che ormai nessuno lo ricorda, in cui un monte si ergeva così alto da sfiorare il cielo, la sua cima, avvolta da una coltre di nubi dense e immobili, non si mostrava mai all’occhio umano. Lo chiamavano Fumaiolo, e si diceva fosse abitato da creature antiche: folletti sghignazzanti, gnomi saggi e fate dalle ali impalpabili. Nessun uomo osava avvicinarsi, perché si raccontava che chiunque avesse tentato di scalarlo fosse scomparso per sempre tra le sue nebbie.
Un giorno, dal ventre della montagna emersero due sorgenti. L’acqua scaturiva limpida e gelida da due grotte scavate nella roccia, come se il monte avesse deciso di donare due figli al mondo, uno sgorgava impetuoso e impaziente, l’altro fluiva con quieta determinazione. Il monte li osservò, e decise di dare loro un nome: uno sarebbe stato il Savio, l’altro il Tevere.
I due corsi d’acqua crebbero in forza e volume, le fate danzavano sulle loro superfici argentee, le bestie della foresta si abbeveravano alle loro rive, fino a che, un mattino, quando il Savio si era ormai fatto ruscello, decise di rivolgersi al Fumaiolo.
“Padre, io sono nato dalle tue viscere. Dimmi, qual è il destino di un fiume?”
Dalla nebbia immobile venne la risposta, profonda come il rintocco di un tamburo lontano: “Ogni fiume, dopo aver nutrito la terra e dato la vita, giunge al mare. Lì si compie il suo destino.”
Il Savio fremette d’impazienza. “Se il mio destino è il mare, allora dimmi la via più breve per raggiungerlo.”
“Va’ verso nord-est” - sussurrò il monte, la sua voce come un vento antico che scivolava tra le gole di pietra - “In poco tempo vedrai le onde accoglierti.”
Il Savio, senza esitare, salutò il Fumaiolo e scomparve tra le nuvole.
Allora il monte si rivolse al Tevere: “E tu? Quale strada scegli?”
Il Tevere esitò un istante, come se meditasse su qualcosa di profondo, poi rispose: “Voglio percorrere la strada più lunga, voglio conoscere le campagne, donare fertilità ai campi e placare la sete della terra.”
Il Fumaiolo rimase in silenzio per un momento, poi, con tono grave, disse: “Se questa è la tua scelta, il tuo cammino sarà lungo e pieno di insidie. Seguirai la via del sud-ovest, ma dovrai affrontare ostacoli e fatiche, e solo alla fine troverai il tuo premio”
“Non ho paura,” disse il Tevere “Ogni passo sarà una lezione, ogni sacrificio una ricompensa.”
E così partì.
Giorni e settimane passarono, il Savio, rapido come il lampo, si lasciava dietro le colline, i boschi, e infine si tuffò nelle acque salate del mare, il vento portò la notizia fino alla cima del monte “Il Savio ha compiuto il suo destino!” sussurravano le nuvole.
Ma il Tevere era ancora lontano, le sue acque scorrevano lente, insinuandosi tra le valli, bagnando la terra e portando vita dove prima c’era solo polvere, i campi divennero fertili, le città crebbero sulle sue rive, la gente iniziò a chiamarlo per nome. Eppure, il mare sembrava ancora un miraggio.
Le sorgenti del Savio deridevano il fratello “Che fiume lento! Non sa compiere il suo destino!” Le loro risate riecheggiavano tra le gole del Fumaiolo.
Ma il monte, impassibile e antico come la notte, rispose loro: “Non deridete ciò che non comprendete. Il Tevere ha scelto la via più difficile, ma anche la più gloriosa. E per questo, sarà ricompensato.”
Gli anni passarono, e il Tevere non si fermò, attraversò altre città, accarezzò rovine e templi, divenne il cuore pulsante di una civiltà, e infine, in un giorno d’autunno, giunse al mare, le onde lo accolsero, e lui, colmo di saggezza e di storie raccolte nel suo lungo viaggio, si lasciò abbracciare dall’immensità salata.
E la ricompensa promessa?
Il Tevere la ricevette senza nemmeno rendersene conto, perché il destino non è solo il punto d’arrivo, ma il viaggio stesso.
E mentre il Savio svaniva nel grande nulla dell’oceano, il Tevere continuava a vivere nelle città e nelle genti che avevano imparato a chiamarlo Padre.
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