L’arco delle Streghe

L’arco delle Streghe

A Bari Vecchia, tra vicoli tortuosi e archi medievali, si cela un luogo che il tempo sembra aver dimenticato: l'Arco delle Streghe. Corte Cavallerizza, uno stretto passaggio che unisce la Cattedrale al Castello Svevo, custodisce storie di magia nera e sortilegi. Cosa accadeva sotto quell’arco gotico? Quali segreti celano le mura di Bari Vecchia? Oggi, il luogo appare tranquillo, quasi anonimo, ma un’ombra sembra ancora gravare sulle sue pietre. 


Bari Vecchia è un intrico di stradine dove il tempo sembra essersi fermato: tra case addossate l'una all'altra e piazzette illuminate da lanterne tremolanti, tra gli oltre cinquanta archi che costellano le vie del centro storico, c'è ne è uno che sfugge agli occhi dei più, lo chiamano l’Arco delle Gatte, ma pochi sanno perché. I vecchi del posto, seduti fuori dalle porte, scuotono la testa quando qualcuno lo nomina: “Meglio non parlare di certe cose,” mormorano, ma è proprio quel silenzio a rendere la storia più inquietante.

Secondo la leggenda, quell’arco era il luogo di ritrovo delle Gatte Masciàre, donne di straordinaria bellezza e misteriosa malizia, di giorno si confondevano tra la gente, mogli amorevoli, amanti irresistibili, ma era di notte, quando si passa al lato oscuro, il loro vero volto emergeva. 

Salite sui tetti delle case, si spogliavano di ogni abito, cospargendosi di un unguento noto come olio masciaro, poi, sotto la luce della luna, pronunciavano parole incomprensibili. Un balzo nel vuoto e, come per magia, atterravano a quattro zampe, non più donne, ma gatte nere.

I gatti neri nasconderebbero gli spiriti delle streghe.

Si racconta che il loro cammino notturno le conducesse sempre sotto l’arco di Corte Cavallerizza, lì, lontane da occhi indiscreti, praticavano riti occulti: Sabba in onore del diavolo, incantesimi per legare l’amore o maledizioni per distruggere chiunque avesse osato offenderle, bastava un ciuffo di capelli, un pezzo di stoffa appartenente alla vittima, e le Gatte Masciàre avrebbero fatto il resto.

Ma non era solo l’arco a custodire questi segreti, le case circostanti, con i loro balconi stretti e le finestre sbarrate, sembravano partecipare al silenzio, complici di un mistero che nessuno osava svelare, eppure, c'è chi giura di averle viste. 

Un vecchio pescatore, il cui nome è stato ormai dimenticato, raccontava che una notte, tornando dalla banchina, incrociò lo sguardo di una di quelle gatte: gli occhi, gialli come l’oro, lo fissarono per un istante eterno. Da allora, la sua vita non fu più la stessa.

“Fate il segno della croce e recitate una preghiera se le incontrate,” consigliavano le donne del posto, “Solo così potrete spezzare il maleficio”, ma non tutti avevano fortuna, si dice che alcuni, troppo audaci o troppo sfortunati, abbiano sfidato le Gatte Masciàre e di loro, non si è saputo più nulla.

Il tempo è passato, e con esso le storie si sono fatte più rare, oggi, l’arco è solo un passaggio tra due vicoli, con una targa che indica Corte Cavallerizza, ma, osservandolo bene, qualcosa sembra ancora pulsare sotto la sua superficie. Forse è solo suggestione, o forse è il respiro delle antiche streghe che non hanno mai davvero lasciato quel luogo.

E così, la prossima volta che passeggi per Bari Vecchia, presta attenzione, se senti un fruscio, un miagolio improvviso, o se un’ombra nera ti attraversa la strada, fermati. Non voltarti. Recita una preghiera e spera che non sia troppo tardi.

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