C'è un silenzio strano nelle sere di primavera a Napoli. Un silenzio che, in certi angoli della città, sembra quasi sospeso, come se qualcosa di invisibile trattenesse il fiato. Uno di questi luoghi è la Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio, che i napoletani chiamano con affetto “La Piccola San Pietro”. Di giorno, la chiesa domina con maestosità Capodimonte, il quartiere che si arrampica sulla collina. Ma è di notte, quando le luci si affievoliscono e l’aria si fa tiepida, che la Basilica rivela il suo lato più oscuro. Perché è lì, sulle sue scale, che ogni primavera qualcuno giura di aver visto una figura seduta. Una figura avvolta in un velo bianco. I più anziani la chiamano semplicemente ‘a sposa ‘e Capodimonte.
Napoli è una città che vive di storie. Le racconta nei vicoli, nei mercati, nelle chiese e perfino nelle sue ombre e tra queste storie, una delle più antiche è quella di una giovane donna senza nome, destinata a essere ricordata non per la sua vita, ma per la sua tragica fine. Era una promessa sposa, una ragazza come tante, con il sogno di unirsi in matrimonio con l’uomo che amava.
Ma la sorte, come accade spesso nelle storie che raccontiamo, aveva deciso diversamente.
Si racconta che fosse bella, di una bellezza delicata e sfuggente, come un fiore che sboccia solo per poche ore prima di appassire, viveva in un tempo in cui la vita era dura, soprattutto per chi apparteneva ai ceti più poveri e la povertà, si sa, portava con sé malattie che non facevano distinzione tra giovani e vecchi.
Lei si ammalò di tubercolosi, una sentenza di morte che si consumava lentamente, lasciando il corpo sempre più fragile, ma, nonostante il suo stato di salute, la ragazza e il suo promesso sposo avevano deciso di non rimandare le nozze.
Ma il destino, o forse qualcosa di ancora più crudele, si mise di traverso.
La malattia peggiorò rapidamente. A pochi giorni dalle nozze, il suo respiro si fece debole, la febbre consumò le sue forze, e il suo giovane cuore si fermò il giorno prima del matrimonio.
Il dolore che colpì la famiglia e il fidanzato fu straziante, ma il lutto non si fermò al dolore personale, trasformò il giorno che avrebbe dovuto essere una festa in una tragedia collettiva, la chiesa, già addobbata con drappi bianchi e fiori, fu spogliata in fretta e furia e gli addobbi nuziali lasciarono il posto al nero del lutto, e il parroco, che avrebbe dovuto benedire una nuova unione, si trovò invece a celebrare un funerale.
La giovane promessa sposa fu sepolta lì, a pochi passi dall’altare dove avrebbe dovuto pronunciare il suo “sì” e fu proprio in quel momento che iniziò la leggenda.
Qualcuno giura che quella stessa notte una figura vestita di bianco fu vista aggirarsi tra i banchi della chiesa, camminando lenta, come in cerca di qualcosa.
O di qualcuno.
Da allora, ogni primavera, c’è chi dice di vederla, la descrivono sempre allo stesso modo: una figura esile, seduta sulle scale della Basilica, con il volto coperto da un velo bianco, non parla, non si muove, sta lì, immobile, come se aspettasse qualcosa o qualcuno.
Si dice che guardi verso l’orizzonte, nella direzione dove il sole tramonta, come se sperasse di vedere il suo sposo arrivare. Ma l’uomo non arriverà mai e così, anno dopo anno, la sposa continua ad aspettare.
Le giovani donne nubili, in particolare, sono quelle che più spesso affermano di averla vista, alcune raccontano di essersi sentite attratte verso la Basilica senza un motivo preciso, come se una forza invisibile le spingesse lì, mentre atre sostengono di aver incrociato lo sguardo della sposa attraverso il velo. Uno sguardo che non dimenticheranno mai: occhi pieni di malinconia, come due pozzi senza fondo, che sembravano implorare aiuto.
E poi ci sono le storie più inquietanti. Come quella di una giovane che, dopo aver visto la sposa, sognò per settimane un matrimonio che finiva sempre in tragedia, o quella di un uomo che si avvicinò troppo e si trovò improvvisamente investito da un freddo glaciale, come se avesse varcato la soglia di un altro mondo. C’è chi dice che quella figura non sia solo un’apparizione, ma un monito, un avvertimento per chi osa sfidare il confine tra i vivi e i morti.
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