C'è un borgo che chi lo visita, non lo dimentica facilmente, un luogo dove passato e leggenda si intrecciano come i rami di un'antica quercia nel cuore della notte. Grazzano Visconti, con le sue torri medioevali e le sue strade acciottolate, è sospeso in un'epoca che non è mai esistita davvero, eppure anche qui ogni pietra ha una storia da raccontare. E una, in particolare, continua a sussurrare il suo nome: Aloisa.
Era un'epoca di compromessi, di matrimoni combinati e amori sacrificati sull'altare delle convenienze, Aloisa, figlia naturale di Giovanni Anguissola, proprietario del castello di Grazzano, non era una bellezza classica: non alta, di forme rotonde, ma con uno sguardo capace di trapassare l'anima, Aloisa fu promessa in sposa a un lontano cugino, un capitano di ventura, un uomo che il destino le aveva assegnato, ma che il cuore aveva scelto ben prima di conoscerlo.
Quando il capitano arrivò al castello, Aloisa si innamorò perdutamente, lui era tutto ciò che lei non era: alto, elegante, il sorriso di chi conosce la guerra e le sue vittorie, ma quell'amore, che per Aloisa era una luce abbagliante, per il capitano era un'ombra di cui liberarsi.
Non passò molto tempo prima che la maschera cadesse, il capitano, indifferente e sprezzante, iniziò a tradire la giovane moglie, lasciandola sola nei corridoi freddi del castello.
Le dicerie, come spesso accade in questi casi, corsero come il vento tra le mura del borgo, Aloisa sapeva, ma non disse mai una parola, consumata dalla gelosia e dal dolore, la giovane si spense lentamente.
Secondo alcuni, morì di crepacuore; secondo altri, si tolse la vita in una notte senza stelle, dopo aver pregato invano per l'amore del suo sposo, ma c'è chi racconta un'altra storia, più oscura.
Si mormora che il capitano, esasperato dai suoi lamenti, l'abbia fatta murare viva nei bastioni del castello, condannandola a un'eternità di silenzio e tenebra. E questa è la fine della storia terrena di Agata e l’inizio della sua leggenda.
Secoli dopo, agli inizi del Novecento, il borgo di Grazzano visse una rinascita grazie al duca Giuseppe Visconti di Modrone, Giuseppe era un uomo con una visione, capace di trasformare un piccolo villaggio in un capolavoro architettonico, un sogno medievale plasmato con gusto scenografico.
Giuseppe non era solo un uomo di cultura, si diceva fosse anche un medium, un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti, e, si dice che abbia incontrato lo spettro di Aloisa.
Fu una notte d'inverno che il duca ebbe la sua visione. Mentre camminava nel parco del castello, sentì un soffio gelido e vide una figura emergere dalla nebbia, era Aloisa e il duca la riconobbe immediatamente: bassina, in carne, con un'aria di dolce rassegnazione.
La donna non era uno spettro terrificante, ma una presenza malinconica, con le braccia conserte e uno sguardo che sembrava implorare comprensione, Aloisa gli parlò, o forse fu solo un pensiero che si insinuò nella mente del duca, e raccontò a Giuseppe la sua triste storia.
Da quel giorno, Aloisa non fu più soltanto un fantasma, ma divenne l'anima del borgo, le sue sembianze furono scolpite in statue che oggi adornano le strade di Grazzano Visconti: una donna dai lineamenti semplici, le braccia conserte, lo sguardo che sembra scrutare il cuore di chiunque la incontri. Aloisa non è uno spirito ostile, anzi, è la protettrice degli innamorati non corrisposti, di chi soffre per un amore impossibile.
I visitatori che conoscono la sua storia si fermano davanti alla sua statua, accanto alla Piazza del Biscione, lasciando piccoli doni: un fiore, un ciondolo, un biglietto con parole che solo Aloisa può leggere, non denaro — Aloisa non ne ha bisogno — ma qualcosa che dimostri affetto, che la consoli dal senso di abbandono che ancora la tormenta.
Si dice che chi dona ad Aloisa riceva in cambio un sorriso dal destino, un soffio d'amore che possa colmare il vuoto del cuore.
Ma Aloisa è davvero in pace? Alcuni giurano di averla vista, una figura evanescente che si muove tra il castello e il parco, una notte, una coppia raccontò di aver sentito un sussurro mentre passeggiava vicino al bastione: "Io sono Aloisa, e porto amore e profumo alle belle che donano il loro sorriso a Grazzano Visconti."
Altri, invece, parlano di strani rumori provenienti dalla presunta stanza di Aloisa nel castello: passi leggeri, come se qualcuno camminasse sul pavimento di legno, o il fruscio di un abito che scivola lungo un corridoio vuoto.
Aloisa è ormai parte di Grazzano Visconti, tanto quanto le sue mura e i suoi giardini. La sua storia è un monito e un conforto, un ricordo di quanto l'amore possa essere sia luce che oscurità, e mentre il borgo si riempie di visitatori, tra i profumi dei fiori e il suono delle risate, c'è sempre chi si ferma un momento davanti alla sua statua, lasciando un dono e un pensiero.
Chissà, forse Aloisa è ancora lì, osservando, accettando ogni piccolo gesto come un balsamo per un dolore che nemmeno il tempo è riuscito a guarire e se una sera, passeggiando per le vie di Grazzano, sentirete un lieve profumo di rose o un sussurro nel vento, non abbiate paura.
È solo Aloisa, che vi guarda con i suoi occhi tristi e vi sussurra: "Non dimenticatemi."
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