Il grido della Regina Verde

Il Grido della Regina Verde

A volte, il mare nasconde segreti che solo il vento osa sussurrare. Sulla costa di Agropoli, tra scogliere battute dalle onde e grotte oscure come l’abisso, si racconta di una donna, il suo nome è ormai svanito dalle memorie degli uomini, tranne che per pochi anziani che ricordano, con voce tremante, le antiche leggende. Si dice che nelle notti di tempesta, quando il cielo si fonde col mare in un caos di schiuma e vento, si possa udire il grido di una fanciulla perduta, un suono che lacera il cuore e risuona come il pianto di chi ha amato troppo intensamente.

 
Ermegalda era la figlia di un potente capitano saraceno, un uomo che aveva saccheggiato terre e mari senza mai conoscere la sconfitta, una notte di luna crescente giunsero ad Agropoli, sbarcando silenziosi come ombre. La cittadina, con le sue case bianche abbarbicate sulla scogliera, si arrese senza opporre resistenza e gli uomini di Ermegalda si insediarono tra le vie strette, imponendo il loro volere, mentre il mare testimoniava, impassibile, l’arrivo dei nuovi padroni.
 
Ermegalda era diversa da ogni donna che il popolo avesse mai visto, la sua bellezza era inquietante, quasi ultraterrena, il viso, che rifletteva una luce verde smeraldo, sembrava risplendere al sole, come se il mare stesso l’avesse marchiata con il suo sigillo. Gli abitanti la chiamarono "Regina Verde", e si diceva che il suo volto fosse il riflesso di una maledizione antica, Ermegalda, nonostante la sua apparenza regale, era solitaria, guardava il mare ogni giorno dalla finestra della sua torre, immersa in un silenzio che pesava come un macigno.
 
Un giorno, mentre camminava lungo la scogliera, Ermegalda vide qualcosa che cambiĂ² la sua vita per sempre, c’era un giovane pescatore, intento a ritirare le sue reti dalla baia di Trentova e, sebbene non ci fosse nulla di speciale in lui agli occhi del mondo, per Ermegalda, quell’uomo rappresentava la libertĂ , la semplicitĂ , tutto ciĂ² che la sua vita dorata le aveva negato. Il suo cuore, da sempre avvolto nell'ombra della malinconia, iniziĂ² a battere per lui.
 
Ermegalda non osava avvicinarsi, c’era qualcosa di sacro e proibito in quell’amore che stava sbocciando nel suo petto, non poteva confessarlo a nessuno, nemmeno a se stessa, ma il destino è un artista crudele, e i loro sguardi si incrociarono. Fu un momento sospeso nel tempo, come se il mare e il cielo si fossero fermati per assistere a quell’incontro, l’amore, in tutta la sua potenza, esplose tra di loro, anche se nessuna parola venne mai pronunciata.
 
Nei giorni seguenti, Ermegalda continuava a osservare il pescatore da lontano, e il suo viso, prima pallido e verde, iniziĂ² a cambiare, la sua pelle si colorava di una tenue sfumatura rosata, riflesso del sentimento che stava sbocciando nel suo cuore, ma l’amore, come spesso accade nelle storie maledette, non era destinato a durare.
 
Una notte, una tempesta inaspettata si abbattĂ© sulla costa di Agropoli, il mare si ribellĂ², con onde alte come montagne e venti che ululavano come spiriti in pena, Ermegalda attese il suo amato al solito punto d’incontro, un capanno isolato sulla scogliera.
 
Ma quella notte, il pescatore non tornĂ².
 
La tempesta lo aveva inghiottito, cancellando ogni traccia di lui tra le acque nere come la pece, Ermegalda aspettĂ² per tre giorni e tre notti, senza dormire, senza mangiare, fissando l’orizzonte con occhi svuotati di speranza.
 
Al quarto giorno, la disperazione prese il sopravvento. Si racconta che Ermegalda salì sulla rupe piĂ¹ alta, quella che dominava la baia di Trentova, e gridĂ² il nome del suo amato al vento, ma il mare non rispose. Allora, in un gesto disperato, si gettĂ² nel vuoto, sperando che le profonditĂ  marine la riunissero al suo pescatore perduto.
 
Ma il destino, ancora una volta, giocĂ² una delle sue carte imprevedibili.
 
Nettuno, il dio del mare, assistette alla scena e, mosso a pietĂ , decise di non permettere che una creatura così bella e piena d’amore scomparisse per sempre, la trasformĂ² in una ninfa, una creatura immortale legata alle acque che aveva tanto amato.
 
Da quel giorno, si dice che Ermegalda nuoti tra le grotte nascoste sotto la scogliera di Agropoli, i pescatori piĂ¹ anziani, quelli che hanno passato la loro vita sfidando le onde, raccontano di averla vista: una figura leggiadra, con la pelle verde come alghe illuminate dalla luna, che si muove tra le acque con la grazia di un fantasma. Ma non è solo la sua vista a terrorizzare chi si avvicina a quelle grotte durante le notti di tempesta, è il suo grido.
 
Un suono straziante, un lamento che riecheggia tra le onde e si perde nel vento, è il pianto di una donna che ha perso tutto, tranne il dolore.
 
Gli abitanti di Agropoli, anche se non lo ammettono apertamente, temono quelle notti. Le luci delle case vengono spente prima che la tempesta arrivi, e le finestre vengono serrate con forza, nessuno vuole sentire quel grido, perchĂ© si dice che chiunque lo ascolti, chiunque si lasci attrarre da quel richiamo disperato, non tornerĂ  mai piĂ¹.
 
E così, la leggenda della Regina Verde continua a vivere, nascosta tra le pieghe del tempo, come il mare che culla i suoi segreti nelle profonditĂ , forse, se cammini lungo la scogliera nelle notti piĂ¹ oscure, potrai udire il lamento di Ermegalda, ma fai attenzione: il suo pianto è un richiamo a cui pochi possono resistere.

E il mare, come l’amore, non perdona mai.

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