L'ombra di Filippo a Campo de Fiori

L'ombra di Filippo a Campo de Fiori

Certe notti, quando la nebbia si insinua tra i vicoli e il vento spira freddo su Roma, Campo de’ Fiori cambia volto. Le voci dei turisti si affievoliscono, le ombre si allungano sulle pietre antiche, e chi si trova a passare sente un brivido scendere lungo la schiena. Dicono che sia solo suggestione, ma chi conosce la storia, chi ha osato sussurrare il nome proibito, giura che non è così.

Si racconta che, tra la folla ignara, si aggiri un’ombra silenziosa, un uomo vestito con un saio domenicano e il cappuccio calato sul volto. L’ uomo sta fermo, immobile, davanti alla statua che lo raffigura, lo chiamano Giordano Bruno è questo il nome che lo ha consegnato alla storia, ma non è così che vuole essere ricordato.

Era il 17 febbraio del 1600 quando il filosofo fu condannato al rogo, accusato di eresia, fu bruciato vivo sotto gli occhi della folla e da allora, il suo spirito non ha mai lasciato quel luogo. Compare nelle notti più oscure, osservando la piazza con occhi colmi di rimprovero e chi pronuncia il nome con cui nacque, Filippo, assiste a qualcosa di ancor più inquietante.

Si dice che il fantasma si volti lentamente, e che il volto che appare sotto il cappuccio sia deformato da dolore e rabbia. 

Un volto che non dimentica. 

Alcuni parlano di un sussurro gelido che attraversa l’aria, altri di ombre fugaci che si muovono ai margini della piazza, c’è chi avverte un peso sul petto, un senso di angoscia inspiegabile.

Solo superstizioni? Forse. Eppure, c’è un dettaglio che rende la leggenda ancora più sinistra: il fantasma si manifesta solo una volta ogni cent’anni, il 17 febbraio, il giorno della sua condanna.

Nel corso dei secoli, le testimonianze si sono accumulate, ci sono stati avvistamenti sporadici nel Settecento e nell’Ottocento, ma fu nel 1900 che il fantasma si rivelò in maniera eclatante.

Un uomo, un semplice passante, giurò di averlo incontrato, era una notte fredda, la piazza deserta. la statua, eretta solo pochi anni prima, sembrava vegliare sulla città, fu allora che lo vide. Un uomo in abiti borghesi, con lo sguardo severo e penetrante, non un frate, ma un intellettuale, un pensatore e quell’uomo parlò.

Disse di chiamarsi Filippo.

Era irritato, quasi offeso. Parlava della statua con disprezzo, come se quel saio domenicano fosse un’ingiustizia postuma, perché continuavano a ricordarlo come frate, quando lui aveva abbandonato quella vita da decenni prima della condanna? Perché lo relegavano all’immagine di un eretico religioso, quando il suo pensiero era molto più grande? 

L’uomo rimase paralizzato dall’incontro, incapace di rispondere. Poi l’apparizione svanì.

Da allora, il racconto si diffuse, alcuni lo bollavano come fantasia, altri come suggestione, ma una cosa era certa: l’ombra di Filippo Bruno, l’uomo che fu Giordano, continua a camminare per Campo de’ Fiori, in attesa che qualcuno, finalmente, lo chiami con il suo vero nome.


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