La processione dei dannati

Nelle viscere di Matera, tra i Sassi che il tempo ha scolpito e il vento ha cullato, si narra una storia che affonda le sue radici in un passato remoto, fatto di ombre, preghiere e sussurri dimenticati. Una storia che vive nei vicoli tortuosi, nei mormorii della notte, e nella nebbia che avvolge le pietre millenarie di questa città.

La processione dei dannati


La notte era senza stelle, avvolta in un mantello di oscurità che sembrava soffocare ogni cosa, a Matera e non solo, i giorni che precedevano il 2 novembre erano pregni di un’energia particolare, un’energia che nessuno osava nominare, ma che tutti percepivano, era una tensione sottile, come un filo invisibile che legava i vivi ai morti, un’energia che pulsava nelle vene degli abitanti, nei cuori che battevano più forte al calar del sole.

Questa città, con i suoi Sassi scavati nella roccia, portava i segni di un passato carico di sofferenza e povertà, i suoi vicoli, stretti e contorti come i pensieri di chi vi abitava, erano labirinti di pietra e silenzio, luoghi dove l’anima si perdeva, e dove i ricordi dei morti sembravano aver trovato dimora.

I materani vivevano la commemorazione dei defunti come un rituale sacro. 

In quei giorni, il tempo sembrava rallentare, come se il mondo intero trattenesse il respiro, nelle chiese, i fedeli si raccoglievano in preghiera, avvolti dal profumo d’incenso e dalla luce fioca delle candele, nelle case, il silenzio era rotto solo dal crepitio del fuoco e dal sussurro delle preghiere recitate sottovoce, quasi a non voler disturbare la pace dei morti.

La notte tra l’1 e il 2 novembre, però, era diversa da tutte le altre:  quella era la notte in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliava, una soglia sottile come un soffio di vento, attraversata dalle anime dei defunti. 

Si diceva che quelle anime, cariche dei peccati non ancora espiati, lasciassero il Purgatorio per quella sola notte, per vagare tra i Sassi, cercando pace tra le ombre di una città antica quanto il tempo.

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Le vie di Matera, quella notte, si trasformavano in un teatro di ombre e penombre, nessuno osava uscire di casa, nessuno voleva sfidare il destino che, si diceva, colpiva chiunque osasse mettere piede fuori, chiunque disturbasse la processione silenziosa delle anime dannate. Quei vicoli, già lugubri e inquietanti, si riempivano di una presenza invisibile, ma palpabile, che incuteva terrore anche nei cuori più coraggiosi.

Si racconta che, proprio in quella notte, dalle crepe dei muri e dai pertugi delle grotte, emergessero anche altre figure spettrali, avvolte in vesti bianche come nebbia: erano probabilmente monaci, apparizioni che si affacciavano nei pressi delle Scale di Sant’Antonio, il punto più oscuro della città, dove persino la luna, quando c’era, si rifiutava di gettare la sua luce.

Questi monaci, spiriti dei defunti più recenti, sembravano uscire dal nulla, con lo sguardo fisso e vuoto, la bocca sigillata da una tristezza eterna, i pochi che, si dice, ebbero la sventura di incontrarli raccontano di aver visto il loro volto coperto da un cappuccio bianco, sotto il quale si intravedevano solo due occhi vuoti, neri come la pece. Ma non era solo il loro aspetto a terrorizzare: era la loro presenza, densa come la nebbia e fredda come il marmo, a far tremare chiunque li avvistasse.

Si muovevano lentamente, con passi che sembravano non toccare il suolo, come se fossero sospesi tra il mondo dei vivi e quello dei morti, nessuno osava avvicinarsi a quei monaci, nessuno osava guardarli troppo a lungo, per paura che i loro sguardi potessero rubare l’anima.

Ma la processione dei dannati ed i monaci non erano gli unici a camminare per Matera quella notte, c’erano altri spettri, altre ombre che si aggiravano per i vicoli, anime erranti che sembravano cercare qualcosa, o qualcuno. Erano le "malombre", spiriti di morti senza pace, che non avevano trovato riposo né in vita né in morte. Si diceva che queste malombre fossero in grado di comunicare con i vivi, ma solo per portarli alla follia o alla morte. Chiunque incrociasse il loro cammino veniva colpito da una maledizione, una sventura che avrebbe perseguitato la sua famiglia per generazioni.

Queste ombre, avvolte in mantelli neri, si muovevano silenziosamente tra i vicoli, lasciando dietro di sé un’aria gelida, un freddo che penetrava nelle ossa e che non poteva essere scacciato neanche dal fuoco più ardente. 

Matera, con i suoi Sassi, è oggi un luogo di bellezza e meraviglia, un sito protetto dall’UNESCO, visitato da migliaia di turisti ogni anno, ma sotto la superficie, quando si passa al lato oscuro, tra le pietre e i vicoli, vive ancora il ricordo della notte tra l’1 e il 2 novembre, il ricordo della "Processione dei Dannati", delle anime che, una volta l’anno, tornano a camminare tra i vivi.


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