La Malombra di Molfetta

La Malombra di Molfetta

Molfetta seduce i viandanti con le sue architetture di pietra bianca e il mare che lambisce dolcemente le sue coste, ma dietro l’apparente serenità di questo borgo, si celano ombre che non conoscono la luce del giorno. Ombre che si addensano al calar del sole, strisciando silenziose tra le strette vie del centro storico, in pochi osano parlare apertamente di ciò che vi si nasconde, ma chi sa, preferisce tacere o parlare sottovoce, per timore di evocare la Malombra. Un’entità sfuggente, pericolosa, che nessuno ha mai visto chiaramente, ma che tutti hanno sentito e temuto.


Molfetta è come un quadro dipinto con mani delicate, sotto il cielo terso della Puglia, è una città solare e di mare, ma, forse per contrasto, ciò che cattura l’interesse degli abitanti non sempre è il mare e il sole. No, è qualcosa di più antico e oscuro, qualcosa che gli anziani raccontano, di notte, davanti a un fuoco che arde flebile, come a voler tener lontano il freddo e forse altro.

Si dice che nei giorni di sole Molfetta sia come un gioiello incastonato tra le scogliere, abbagliante e pura, ma quando il sole tramonta, la città cambia, le ombre si allungano, si insinuano tra le pietre, strisciando lungo i vicoli stretti e tortuosi. È in questo scenario che si manifesta la Malombra, un’entità tanto misteriosa quanto terrificante, la sua leggenda è antica, un racconto che si tramanda di bocca in bocca, avvolto in un silenzio intriso di timore.

C'era una volta una donna, il cui nome è stato dimenticato, forse per paura, forse per pietà. Viveva da sola in una casa modesta, addossata a una delle tante chiese che puntellano il centro storico , si racconta che una notte, dopo che le campane avevano scandito l’ultimo rintocco del giorno, ella si svegliò di soprassalto, il cuore che batteva forte come il martello del fabbro sul ferro. 

Aveva sognato, o almeno così pensava, una figura di donna, alta e magra, avvolta in uno scialle nero, la figura si era avvicinata lentamente al suo letto, senza fare rumore, come se il pavimento non esistesse per lei, il volto era nascosto da un’ombra che sembrava pulsare di vita propria, mentre le mani, sottili e affilate come artigli, le si avvicinavano al viso.

La donna cercò di urlare, ma la voce le morì in gola. 

Era come se un peso enorme le fosse stato posto sul petto, un macigno invisibile che le toglieva il respiro, la figura non si limitò a guardarla, ma la colpì, con una violenza che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.

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La notte successiva accadde di nuovo, e quella dopo ancora. Ogni notte, la figura tornava, la colpiva, e poi scompariva prima che il sole sorgesse, lasciandola esausta e terrorizzata.

Ma questi non erano semplici incubi. Ogni mattina, la donna si svegliava con lividi sul corpo, graffi che le segnavano la pelle, cominciò a perdere il sonno, temendo di chiudere gli occhi, si confidò con i vicini, ma loro la derisero, attribuendo i suoi racconti a deliri di una mente affaticata, ma poi, qualcun altro, tra coloro che avevano riso di lei, cominciò a vivere la stessa esperienza: prima una donna anziana, poi un giovane pescatore e poi ancora un bambino. Tutti raccontavano la stessa storia: una figura avvolta nel nero che li tormentava di notte, sedendosi sul loro petto, togliendo loro il respiro.

Si sparse la voce, e la paura iniziò a serpeggiare tra i vicoli come un veleno invisibile, i molfettesi cominciarono a evitare di uscire di notte, temendo l'incontro con quella malvagia entità che ormai tutti chiamavano la Malombra. Era come se la città fosse stata avvolta da una nebbia oscura, fatta di paura e superstizione.

I più anziani ricordavano vecchi rimedi contro gli spiriti maligni, tramandati da generazioni: le porte delle case iniziarono a essere cosparse di sale, venivano lasciate scope accanto agli usci per confondere la Malombra, costringendola a contare ogni singolo filo di paglia prima di entrare, alcuni tenevano una forbice aperta sotto il cuscino, nella speranza che la lama potesse tagliare il filo che legava l'anima al corpo durante il sonno, impedendo alla Malombra di trascinarla via.

Ma nessuno poteva davvero dire se questi rimedi funzionassero. La Malombra continuava a visitare le sue vittime, a colpire senza pietà, un vecchio pescatore raccontò di averla vista una notte mentre tornava al porto: era lì, in fondo al vicolo, ferma e immobile, un’ombra tra le ombre, aveva cercato di avvicinarsi, ma più avanzava, più la figura si allontanava, scivolando via come una macchia d’inchiostro su una pergamena bagnata. Quando finalmente la raggiunse, non c’era più nulla, solo un freddo inspiegabile che gli era penetrato nelle ossa e che non lo lasciò per il resto dei suoi giorni.

Poi, un giorno, la donna che per prima aveva visto la Malombra scomparve, nessuno la vide più, e la sua casa rimase vuota, con le finestre chiuse e la porta socchiusa, come se fosse fuggita all'improvviso, lasciando tutto dietro di sé, ma le voci non si fermarono: si raccontava che la donna fosse stata portata via dall'entità, trascinata nel mondo delle ombre, dove avrebbe vagato per sempre, senza pace né riposo.

Per mesi la paura dominò le strade di Molfetta, nessuno osava più parlare della Malombra, come se solo nominarla potesse attirarne la furia. Ma la storia non finisce qui, perché le ombre, una volta evocate, non si dissipano facilmente e la Malombra continuò a manifestarsi, a lasciare i segni del suo passaggio nelle case dei molfettesi: piccoli graffi sui mobili, oggetti spostati senza motivo, sussurri che si udivano nel cuore della notte e quelle notti, così silenziose da sembrare innaturali, erano spezzate solo dal rumore lontano del mare, un mormorio costante che sembrava voler coprire i suoni più oscuri e sinistri.

Il tempo passò, e con esso anche il ricordo della Malombra cominciò a sbiadire, come tutte le leggende che si rispettino, ma ogni tanto, nei racconti dei più anziani, riemergeva, come un ammonimento per le nuove generazioni. "Non scherzate con le ombre," dicevano, "perché non tutte sono amichevoli."

Ancora oggi, chi si avventura di notte tra i vicoli di Molfetta potrebbe sentire un fremito lungo la schiena, come se qualcuno lo stesse osservando, un’ombra tra le ombre, un respiro che non è il suo e in quel momento, in quel breve istante in cui il cuore accelera e il respiro si fa più corto, chiunque potrebbe chiedersi: è solo la mia immaginazione? Oppure la Malombra è tornata, pronta a reclamare un’altra anima?

Molfetta, così bella e serena alla luce del sole, nasconde segreti che solo la notte può svelare e tra questi, la Malombra rimane il più oscuro di tutti, un ricordo di ciò che accade quando il mondo dei vivi si mescola con quello dei morti. 

Quindi, se vi trovate a camminare per le sue strade al calar del sole, fate attenzione. Non tutte le ombre appartengono a qualcosa di innocuo. E non tutti i sussurri nel buio sono frutto del vento.

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