Durante le notti di luna piena in Via Dell’Anima, vicino a Piazza Navona a Roma, si dice che, dietro ad una delle finestre di Palazzo De Cupis, appaia la sagoma di una bellissima e bianchissima mano. Secondo la leggenda sarebbe lo spettro tormentato di Costanza Conti de Cupis e questa è la sua triste vicenda.
Tempo di lettura 5 minuti - Puoi anche ascoltare la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto, oppure tramite il Podcast di Amazon
Quando si raccontano storie di fantasmi o case infestate, si tende ad immaginare luoghi bui o isolati, lontano da tutto e da tutti, spesso teatro di omicidi o morti violente, ma non sempre è così. In questo racconto non ci sono omicidi, non c’è un’ambientazione cupa, anzi siamo a Roma, nei pressi di Piazza Navona e ci troviamo all’inizio del XVII secolo.
Costanza Conti, una donna di indubbio fascino, era andata in sposa ad Antonio Valena, nipote del Cardinale Giandomenico De Cupis e viveva a Palazzo Pamphilj, accanto alla chiesa di Sant'Agnese in Agone. La ragazza era nota in città per la sua avvenenza, ma soprattutto per la perfezione delle sue mani, che erano considerate le più belle di Roma.
Le sue mani erano tanto perfetti che, come si usava al tempo, furono riprodotte dall’artista Bastiano alli Serpenti, chiamato così perché aveva bottega proprio in Via de Serpenti aveva il suo studio e proprio lo studio vicino a San Pietro in Vincoli fu meta di veri e propri pellegrinaggi di curiosi che volevano ammirare quell’incredibile opera.
Un giorno, uno straniero, oppure secondo un'altra versione della storia, un frate di San Pietro in Vincoli, vedendo quelle mani di gesso, esclamò:
Se quella mano è umana, merita d’essere tagliata!
Il religioso con molta probabilità si riferiva al fatto che le persone parlavano con eccessiva ammirazione dell’opera, quasi blasfema e sembravano più attratti da quel pezzo di gesso che dalla croce del Cristo.
La voce di quella funesta profezia fece il giro di Roma e giunse anche alle orecchie della religiosissima Costanza che ne fu terrorizzata. Nel timore di rimanere coinvolta in qualche tipo di incidente e per espiare non si sa bene quale colpa, non uscì più di casa e passava le sue giornate ricamando.
Fino al giorno in cui si punse il dito con un ago arrugginito.
La piccola ferita presto si trasformò in una grave infezione, a causa della setticemia, e, dato che la medicina dell’inizio del XVII secolo non era certo avanzata come la nostra, l’infezione divenne cancrena che si estese rapidamente dalla mano al braccio che, nonostante le cure, dovette essere amputato.
L’operazione con cui le venne amputato il braccio purtroppo non bastò, l’infezione aveva già invaso il suo corpo ormai debilitato e Costanza morì dopo pochi giorni tra atroci sofferenze.
Da allora si racconta che nelle notti di luna piena il suo fantasma si aggiri nel Palazzo De Cupis e che la sua bellissima e pallida mano sia ancora visibile da piazza Navona attraverso i vetri, quando la luna riflette sulla finestra.
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