I Diavoli della Zisa

I Diavoli della Zisa


Una bella favola senza lieto fine, un autentico mistero che ha fatto nascere un mito popolare, che racconta di un favoloso tesoro custodito in un castello, protetto da un potente incantesimo che coinvolge entità soprannaturali. Questa è la storia del mitico tesoro celato nel palazzo della Zisa a Palermo.



Tempo di lettura 5 minuti - Puoi anche ascoltare la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto

Il nome “Castello della Zisa” deriva dall’arabo “Kars el-Aziza” che significa “Castello splendido, glorioso” fu voluto da Guglielmo I detto il “Malo” e concepito come residenza estiva.

Guglielmo non riuscì a vederlo finito, essendo morto nel maggio 1166, a completare il palazzo fu il figlio Guglielmo II, detto il “Buono” intorno al 1775, ma la cosa importante è che il palazzo racchiude in sé misteri e leggende

Tutto ebbe inizio dalla fuga d’amore da parte di El-Aziz, figlia di un Emiro e del suo giovane spasimante Azel Comel, figlio di un Sultano, che lasciarono di nascosto la Libia alla volta di Palermo per poter coronare il loro sogno d’amore contrastato dal padre di lui.

Non arrivarono in Sicilia a mani vuote, ma dalla Libia portarono con loro un’immensa ricchezza sottratta al Sultano e con questa fecero costruire il Castello della Zisa che li avrebbe ospitati negli agi e nella quiete.

Una bella favola, ma, come spesso accade nelle nostre storie, non è una favola che ha il lieto fine, perché un giorno El-Aziz ricevette una triste notizia che cambiò per sempre il suo destino.

Un giorno un uccello volò sopra la testa della giovane, portando con sé un biglietto che la informava del fatto che sua madre, sopraffatta dal dolore per la fuga precipitosa della figlia, si era suicidata.

El-Aziz, travolta dal senso di colpa, cadde in un vortice di disperazione senza fine e, giunta al culmine della sofferenza, decise di seguire la genitrice nel regno dei morti.

Azel Comel non riuscì a sopportare che la sua amata lo avesse abbandonato in quel modo e impazzì anche lui, il figlio del sultano vagò per giorni senza meta, finché, consumato da un dolore atroce, finì per gettarsi in mare.

I due amanti si erano dati la morte a breve distanza l’uno dall’altro, ma questa non è una favola romantica finita male, questa è la strana storia di un fantastico tesoro svanito nel nulla.

Si racconta infatti che Azel, prima di morire, si occupò di celare al mondo il tesoro, affidandone la protezione ai diavoletti dipinti sulla volta della Sala della Fontana all’interno del castello della Zisa.


In realtà questi non sono veri e propri diavoli, ma simboli delle antiche divinità latine, ci sono Giove con intorno Nettuno con il suo tridente, Plutone, Giunone, Mercurio, Vulcano, Venere, Marte.

Questo è dovuto al fatto che con il passare dei secoli, come spesso avviene, l’illusione si è trasformata sempre di più in credenza e le raffigurazioni mitologiche sono entrate nel mito come "diaboliche", sia come sia, questi sono diventati con il tempo i custodi del tesoro, su cui sono cominciate a fiorire leggende.

I diavoletti, pure se irrigiditi nella loro postura secolare, riescono a confondere coloro che cercano il tesoro e riescono a celare da secoli le ricchezze nascoste da Azel e sono entrati di diritto nel folklore locale, tanto che a Palermo per indicare che qualcosa non torna si usa dire:

“E chi su, li diavoli di la Zisa?”





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