Il delitto di Elena e il fantasma di Fosco Loredan

Il delitto di Elena e il fantasma di Fosco Loredan

Per scrivere una storia avvincente in fondo servono pochi ingredienti: la passione, la gelosia che si tramuta in follia, uno scenario affascinante, un delitto possibilmente agghiacciante e molto mistero. Ecco noi oggi racconteremo di quella volta che dal Canal Grande è emerso il fantasma di un uomo che tiene tra le mani la testa della moglie.



Tempo di lettura 5 minuti - Puoi anche ascoltare la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto

Amore, gelosia e follia mistero e colpa, a Venezia nel campiello Remar, vicino al Canal Grande, si racconta una storia di fantasmi a tinte horror, da far impallidire i maestri del genere. 

La vicenda, ambientata nel 1578, ha come protagonista Fosco, rampollo della nota famiglia Loredan, ancora oggi tra le più ricche di Venezia e Elena sua moglie, figlia del fratello del Doge Marino Grimani.

Elena era più giovane di lui ed, essendo molto bella, attirava le attenzioni di altri corteggiatori, questo mandava su tutte le furie il marito geloso fino alla follia che la spiava e non perdeva occasione di rimproverarla.

Una sera mentre il Doge passeggiava per la città, arrivato campiello Remar, sentì delle urla, si fermò per capire cosa stesse succedendo e vide una donna che stava scappando da un uomo armato di spada e decise di intervenire.

Una volta raggiunti i due, riconobbe la nipote ed il marito e tentò di fermare la furia cieca dell’uomo:

“Cosa sta succedendo qui?” – iniziò il Doge sguainando la spada

“Fatti da parte! Questa donna mi ha tradito!” – rispose secco Fosco

“Non è vero, quest’uomo è solo geloso” – Poi rivolta al marito: “Fosco, quell’uomo è mio cugino...” – tentò di giustificarsi lei, ma inutilmente.

Compreso che non avrebbe potuto risolvere la questione in altro modo, il Doge intimò a Fosco di riporre l’arma, ma l’uomo lo minacciò intimandolo: “Da ora in poi dovrai guardarti alle spalle!” e, detto ciò, tagliò di netto la testa della sposa.

Grimani, inorridito dall’atroce delitto, condannò Fosco ad una pena esemplare: l’uomo avrebbe dovuto recarsi a Roma dal Papa per implorare l’assoluzione, ma avrebbe dovuto viaggiare a piedi, portando con sé il cadavere della moglie e la testa.

Arrivato nella Città Eterna, dopo cinque mesi di pellegrinaggio, Fosco si recò dal Papa, ma il Pontefice, conosciuta la storia, non volle neppure riceverlo e lo rispedì a casa senza concedergli il perdono.

Il viaggio di ritorno fu molto duro per Fosco, l’uxoricida ebbe modo di ripensare alla folle notte in campiello Remar e a quando, dopo aver decapitato la moglie, implorava il Doge, tremante di rabbia, di lasciarlo in vita.

Tornato nella Serenissima, Fosco, forse mosso dalla disperazione di non aver ricevuto l’assoluzione, o forse dal pentimento per quell’efferato crimine, afferrata la testa di Elena, si gettò nel Canal Grande nello stesso punto dove aveva giustiziato la moglie.

Il corpo di Fosco fu inghiottito dalle acque della laguna e nessuno lo vide più riemergere, secondo la leggenda, da allora si dice che il suo fantasma si aggiri stringendo in mano il capo della moglie e vagando per la calle alla ricerca della pace, quella pace che perse in un attimo di cieca gelosia.




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