Lucida Mansi: la Regina delle Vanità

Lucida Mansi la Regina delle Vanità


C’era una donna che ogni giorno passava ore davanti allo specchio, non sempre lo stesso, ne aveva tanti in casa, lei è Lucilla Mansi e la sua storia si intreccia con la leggenda e il mito ed è difficile comprendere dove inizi l’una e finisca l’altro. Sappiamo di certo che la vanità è stata la causa della sua morte e ancora oggi il suo fantasma è lì a pagare il conto della sua debolezza.




Tempo di lettura 5 minuti - Puoi anche ascoltare la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto

Era una bella nobildonna lucchese particolarmente libertina vissuta tra il 1606 ed il 1646, da giovanissima sposò Vincenzo Diversi, ma dopo due anni il marito fu ucciso per una lite a causa di un pezzo di terreno con un colpo d’archibugio.

Rimasta vedova sposò in seconde nozze Gaspare di Nicolao Mansi, un uomo molto più vecchio e, data la differenza di età, si circondò subito di numerosi amanti, godendo della propria ricca vita fra feste e banchetti lussuosi.

Sembra che per poter più facilmente intrecciare relazioni con i suoi amanti avesse addirittura fatto uccidere il marito, ma non solo, pare che, come in altre storie che abbiamo già raccontato, la donna, dopo le prestazioni amorose, uccidesse anche gli amanti, facendoli cadere, in una botola rivestita di lame affilate, nel Castello di Catureglio, presso Borgo a Mozzano.

Lucida era particolarmente bella ma era talmente innamorata della sua stessa bellezza, da non pensare ad altro, sembra che la sua casa fosse piena di specchi, anzi di più, si dice che fece ricoprire un’intera stanza della villa a Segromigno di specchi, dove potersi ammirare all’infinito.

Lucida morì poco più che quarantenne il 12 febbraio 1649, uccisa, come spesso accadeva in quel periodo, da un’epidemia di peste, ma le storie di fantasmi non finiscono mai in questo modo, al massimo quelle dei criminali, e Lucida Mansi di certo lo era, allora, complice la damnatio memoriae seguita alla sua morte, inizia la leggenda. 

Molte sono le leggende che descrivono la bella Lucida Mansi, una donna molto attraente e libertina, innamorata della sua stessa immagine, che aveva ricoperto la villa dove abitava di specchi per potersi ammirare, ma tutte prevedono lo stesso copione.

La giovane iniziò ad entrare in crisi quando si cominciarono ad intravedere le prime rughe, segno che la sua giovinezza stava svanendo, la donna si disperò, piangendo straziata sul proprio letto.

Fu allora che le apparve un bellissimo ragazzo, che le promise che per trent’anni non sarebbe invecchiata, in cambio della sua anima, il giovane non era altri che il Diavolo, ma a Lucida non importava, lei voleva rimanere eternamente bella e così accettò il patto, era il 14 agosto 1616.


Passarono gli anni fra i piaceri e i vizi e arrivò il 14 agosto 1646, il giorno nel quale il patto con il Diavolo arrivava alla sua scadenza, la donna tentò di fuggire, ma allo scoccare della mezzanotte, arrivò il diavolo per riprendersi quello che gli spettava, la caricò su una carrozza infuocata, la fece volare oltre le antiche mura cittadine e si gettò nel laghetto dell’Orto Botanico, uno degli ingressi al mondo degli inferi

Ancora oggi chi si immerge nello specchio d’acqua vedrebbe ancora sul fondo il volto addormentato di Lucida Mansi, oppure nelle notti di luna piena la bella nobildonna lucchese sarebbe stata avvistata completamente nuda a vagare nel palazzo di Villa Mansi a Segromigno, dove un tempo si intratteneva con i suoi amanti.

Un’altra leggenda che abbiamo già raccontato, è legata al Ponte del Diavolo di Borgo a Mozzano, molto vicino al Castello di proprietà dei Mansi, questa storia vede sempre come protagonista la giovane e il Diavolo, ma il finale non prevede carri infuocati, ne discese all'Inferno, ma solo Lucifero che porta la nobildonna sul punto più alto del ponte e la uccide, gettandola nel Serchio.

Qualunque sia la versione, Lucida Mansi è una delle figure sospese a metà tra realtà storica e leggenda e la sua vicenda ci restituisce una bellissima nobile lucchese che non si arrese al tempo e ancora oggi, si dice, paghi la sua debolezza.






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