La leggenda del campanaro che vendette il suo scheletro

La leggenda del campanaro che vendette il suo scheletro


Ci sono storie che si dimenticano, almeno in parte, sebbene siano storie affascinanti, ma passano inosservate, nonostante abbiano un fondo di verità, perché sembrano troppo strane e troppo incredibili. Questa leggenda è proprio una di queste, perché oggi raccontiamo di quella volta che un campanaro veneziano ha venduto il suo scheletro.




Tempo di lettura 4 minuti e mezzo - Puoi anche ascoltare la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto

Questa è una strana vicenda, che ha per scenografia la bellissima e molto misteriosa città di Venezia, il protagonista è un uomo fuori dal comune, uno degli ultimi campanari di San Marco, che abitava a inizio del XIX secolo in corte Bressana, nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo.

L’uomo del quale il tempo ha fatto smarrire la memoria del nome, aveva un solo vizio, come molti veneti e non solo, non poteva resistere al richiamo del vino, ma aveva anche una particolarità che lo rendeva unico: era alto oltre due metri e aveva dalle mani grandissime, caratteristiche che per l’epoca erano eccezionali.

Narra la leggenda che un giorno il direttore di un istituto scientifico veneziano, appassionato di anatomia, uscendo dalla messa domenicale in Basilica, lo notò e pensò che lo scheletro del campanaro potesse rappresentare per il suo istituto il pezzo forte della collezione.

Un giorno lo scienziato fermò il campanaro e gli propose di lasciargli lo scheletro dopo la morte, in cambio di un'adeguata somma di denaro.

Il campanaro si meravigliò della strana richiesta, ma, dopo molte insistenze da parte dello scienziato, decise di accettare, un po’ per l’ingente somma di denaro messa sul piatto, ma anche per la convinzione di riuscire a sopravvivergli.

Pare che, firmato il contratto, lo scienziato abbia pagato il campanaro aggiungendo: “Alla tua morte, porrò il tuo scheletro in una grande teca di vetro e gli metterò in mano una campanella. Mi farà da guardia alle collezioni!”.

L’uomo non riusciva a comprendere cosa lo scienziato volesse dire, poiché lui era molto più giovane e sarebbe di certo sopravvissuto al vecchio antropologo, ma non aveva fatto i conti con le sue debolezze.

Il gigante, ora pieno di soldi, fece quello che le sue scarse finanze gli avevano impedito di fare fino a quel momento, essendo amante del buon vino e potendosene ora permettere a fiumi, si recava ogni giorno in osteria. 

Ma il suo destino era lì al tavolo ad aspettarlo: non aveva ancora terminato il denaro che gli aveva dato lo scienziato che si sentì male per il troppo vino e morì seduto all'osteria.

In questo modo poche settimane dopo, così come era stato pattuito, lo scheletro divenne del professore, che lo mise in una teca dell’Istituto con una campanella in mano.

Adesso uno scheletro di quasi due metri si trova nel Museo di Storia Naturale di Venezia, a seguito di una donazione anonima risalente al 1923 e, secondo la leggenda, rimane al suo posto fino quasi la mezzanotte, poi ogni giorno il suo fantasma si reca sul campanile di San Marco e suona i dodici rintocchi della campana più grande e antica, la Marangona.

C’è più di un testimone oculare che giura di aver visto una figura barcollante muoversi nella notte, di certo il suo debole per il vino, se forse non lo ha lasciato nemmeno da morto, di certo lo ha reso una leggenda.




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