Beatrice Cenci, il fantasma dell'ingiustizia

Beatrice Cenci, il fantasma dell'ingiustizia


A Roma, lungo il ponte che conduce a Castel Sant’Angelo, nella notte tra il 10 e l’11 settembre si dice che compaia il fantasma di una giovane dama, vissuta nel Rinascimento. La sua storia ha ispirato dipinti, romanzi e tragedie, il suo nome era Beatrice ed il suo spettro si aggira ancora per la Città Eterna




Tempo di lettura 3:40 minuti - Puoi anche ascoltar la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto

Quella di Beatrice Cenci è una delle storie più tristemente note della storia della Roma rinascimentale e commuove Roma e i Romani da più di quattrocento anni, Beatrice faceva parte dei Cenci, una famiglia nobile romana, di cui faceva parte anche Francesco Cenci, padre di Beatrice. 

Francesco era un uomo violento, ripetutamente denunciato per reati infamanti e colpe indicibili, si dice persino delitti, ma non fu mai condannato, perché era noto a tutti che la giustizia dei papi fosse benevola con i nobili.

Francesco pertanto rimase sempre impunito ed a piede libero, così la sua famiglia e soprattutto Beatrice, continuava a subire sulla propria pelle la violenza e gli abusi di quell’uomo brutale.

Esasperata dalle violenze e dai soprusi Beatrice decise di organizzare l’omicidio del padre insieme al fratello di lei ed alla matrigna Donna Lucrezia Petroni, il conte viene assassinato maldestralmente ed al terzo tentativo e, per mascherare l’omicidio, i colpevoli, tentando di depistare le indagini, inscenano una sua caduta da una botola.

Ma gli assassini, come detto, agirono in maniera approssimativa e furono facilmente scoperti, le ferite non erano compatibili con una morte da incidente, furono processati a Roma, nonostante l’omicidio fosse stato commesso a Petrella, un paesino nella Valle del Salto, dove la famiglia si era trasferita.

Dopo un processo condotto in maniera abbastanza sommaria, poiché Papa Clemente VIII mirava ad una sentenza di colpevolezza, più che ad una giusta condanna, al fine di impossessarsi dei beni dei Cenci, Beatrice e la sua famiglia furono condannati a morte, nonostante tutto il popolo romano che si era appassionato alla triste vicenda, ne chiedesse la grazia, ma al massimo ottenne un breve rinvio dell’esecuzione.




Il giorno della decapitazione tutta la città di Roma era presente a Ponte Sant’Angelo, tanto che si registrarono morti per asfissia tra il pubblico. Era l’alba dell’11 settembre 1559.

Beatrice, prima di essere giustiziata, espresse il desiderio di essere sepolta nel cimitero di San Pietro in Montorio, in una tomba anonima, così come allora era consuetudine per i condannati a morte. 

In questo modo la giovane, morta a d appena 22 anni, pensava di passare l’eternità, ma il destino, come spesso accade, non fu d’accordo con i piani di Beatrice e così la ragazza non ebbe pace nemmeno dopo la morte.

Nel 1798 i francesi, guidati da Napoleone, discesero la penisola e passarono anche da Roma e, nelle loro scorrerie arrivarono anche nella chiesa di San Pietro in Montorio, dove devastando il cimitero, dispersero i resti mortali della ragazza, qualcuno racconta che i soldati giocarono a palla con la sua testa.

Da quel momento in poi il fantasma di Beatrice Cenci cominciò a vagare per la città di Roma e a farsi vedere soprattutto nelle notti tra il 10 e l’11 settembre, camminando sul ponte di Castel Sant’Angelo con la sua testa in mano

Questa è la storia di Beatrice Cenci e del suo fantasma, una ragazza che in vita fu considerata una martire o una perfida manipolatrice, a seconda della fazione di appartenenza, ma soprattutto fu vittima della giustizia sommaria del suo tempo. 

La sua morte non fu vana: abbiamo visto che era molto amata dal popolo romano e divenne un simbolo dell’opposizione all’arroganza dell’aristocrazia di quel tribolato periodo storico.

Nei secoli seguenti le vicende di Beatrice Cenci hanno ispirato molti pittori tra cui Guido Reni e Caravaggio, scrittori come Shelly, Sthendal, Dumas padre, Alberto Moravia e musicisti. 

All’inizio del XX secolo a Roma ci fu una profonda riflessione sul intitolare alla ragazza una strada, ma i cattolici furono inamovibili nella loro decisione: pur essendo stata maltrattata, violentata e torturata, Beatrice fu pur sempre una parricida, per cui la risposta fu negativa.




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