Genova, tra i caruggi dimenticati. Ogni cinque anni, tra Natale e Capodanno, una vecchina vestita di nero appare chiedendo indicazioni per "Vico dei Librai"… ma quella via non esiste più dal 1944. Chi è davvero? Sei sicuro di voler sapere come va a finire?
Genova, inverno. Quando scende la sera e il vento comincia a sferzare i carruggi come una lama sottile, c’è qualcosa nell’aria che cambia. Una tensione, un sussurro, il ricordo di un nome che ormai non c’è più: Vico dei Librai.
L’ultima strada
Quella via non la trovi più su nessuna mappa. Non è su Google, non è tra i nomi delle targhe smaltate appese agli angoli degli edifici. Nemmeno i vecchi, quelli nati e cresciuti tra le pietre consumate del centro storico, se la ricordano bene. Eppure c’era. Fino al 1944.
Poi, le bombe. La guerra. Il silenzio che segue quando tutto ciò che conoscevi viene spazzato via in una notte di fuoco.
Vico dei Librai non esiste più da quasi ottant’anni. Spazzato via durante i bombardamenti tedeschi del ’44, assieme al quartiere di via Madre di Dio. Ricostruito tra gli anni ’60 e ’70, il quartiere è oggi un mosaico strano, un impasto tra vetro, cemento e fantasmi. Non tutti i fantasmi sono allegorie, però. Alcuni camminano ancora.
Come quella vecchina.
L’apparizione del 1989
Dicembre 1989. Genova è gelida, incastonata tra mare e montagna come una creatura addormentata. Due turisti si avventurano nei vicoli stretti attorno a Porta Soprana. Sono le cinque del pomeriggio, ma sembra notte. I lampioni arancioni filtrano appena la nebbia e il respiro si vede come fumo.
Una donna li ferma. Piccola, curva, vestita di nero. Indossa un cappotto di lana pesante, taglio antiquato, e porta una borsa della spesa di tela cerata. Parla un dialetto stretto, antico, quasi musicale.
— Scusæ… me dixi do l’è Vico dei Librai?
I due si guardano. Non hanno mai sentito quel nome. Chiedono spiegazioni, ma la vecchina ripete solo la domanda. Poi sorride, si stringe nelle spalle… e si dissolve nella nebbia. Sparisce, come se fosse scivolata tra due muri. Nessun rumore di passi, nessun'ombra che si allontana.
Non è l’unico avvistamento. È solo il primo.
La mappa scomparsa
Qualche giorno dopo, un giornalista locale — un tipo che si occupa di cronaca nera e leggende metropolitane — si incuriosisce. Si chiama Gabriele L. e comincia a scavare. Va in archivio, sfoglia le vecchie planimetrie. E la trova.
Vico dei Librai. Un vicolo stretto che collegava due arterie minori, nascosto tra case alte e tetti a spiovente. Scompare dalle mappe dopo il ’44. Mai più ricostruito.
Ma allora… chi era quella donna? E come faceva a cercare una strada che non esiste da quasi mezzo secolo?
Le cento lire
Nel 1990, un mendicante racconta la sua storia. È uno di quelli fissi nella zona dei Giardini Baltimora. Dice che una signora gli ha lasciato cento lire. Era gentile, ma strana: vestita “come mia nonna quando era giovane”, dice lui. Occhiali rotondi, capelli raccolti in uno chignon, una borsa piena di frutta.
Quando guarda meglio la banconota, resta interdetto. È una cento lire del 1943. Malconcia, ma autentica.
— Giuro, me l’ha lasciata lei. Ma quando mi sono girato per chiederle qualcosa… puff. Sparita.
Il mendicante ha gli occhi lucidi mentre racconta. Nessuno gli crede, ovviamente. Ma tiene ancora la banconota. La mostra, incorniciata. Un feticcio. O una prova?
La neve del 1994
È il dicembre del 1994 quando due donne, bariste di un locale in via Ravecca, vedono qualcosa che non dimenticheranno più. Fuori nevica. Una neve sottile e umida, quella che si appiccica ai vestiti e non fa rumore. La porta si apre e una donna anziana entra. Batte i piedi, si toglie la sciarpa.
— Un po’ di latte caldo, figliue, che ghe freddo.
Il tono è dolce, ma l’accento è d’altri tempi. Nessuna delle due bariste sa datarlo con precisione, ma è… strano. Come un dialetto genovese imbalsamato. E poi quegli abiti: una gonna lunga, un mantello scuro, scarpe di cuoio col tacco sottile.
Quando la donna paga, estrae un borsellino. Dentro ci sono monete antiche. Alcune del 1940. E una piccola chiave arrugginita. E un santino, consumato.
Una delle due bariste, per educazione, corre fuori per restituirle il borsellino dimenticato. Ma la donna non c’è più. Svanita. Nessuna traccia nella neve.
Il fantasma investito
Qualche settimana dopo, succede un’altra cosa. Sempre nella stessa zona. Un uomo racconta di aver visto una vecchina attraversare la strada con la borsa piena di mele. Un’auto frena troppo tardi. Colpisce qualcosa. La frutta si sparge per terra. Urla, panico, qualcuno chiama la polizia.
Ma quando arrivano i soccorsi, sul selciato non c’è nessuno. Solo le mele. Alcune spaccate. Altre, ancora rotolano lentamente come se qualcuno le avesse fatte cadere un istante prima.
Chi c’era in quell’auto giura di averla investita. Descrive la stessa donna. Ma non c’è corpo, non c’è sangue. Nulla.
La polizia archivia. “Allucinazione collettiva”, scrivono nel verbale. Ma gli agenti sono pallidi mentre lo fanno.
Una chiave, un muro
Tra il 1994 e il 1997, i racconti si moltiplicano. Alcuni parlano di una vecchina che svanisce davanti a un muro, tra i resti di quella che un tempo era una scala. Una signora racconta di averla seguita per un tratto, incuriosita, e di averla vista appoggiare la mano su una parete scrostata.
— L’è qui… la porta…
Sussurra la vecchia. Poi svanisce. Nessun suono, nessuna corsa. Solo… il vuoto.
Un esperto di urbanistica spiega che proprio in quel punto, nel 1940, c’era l’ingresso a una casa. In Vico dei Librai.
La parente
Nel ’97, una giovane studentessa di lettere, di nome Silvia, giura di aver aiutato una vecchina a portare le borse della spesa. Era gentile, racconta, le parlava come una nonna.
— Sai, mi ricordi mia nipotina. Ma… adesso non trovo più casa.
Silvia la accompagna fino a un incrocio. Poi, si gira per prendere fiato. Quando si volta di nuovo, la donna è sparita. Le borse a terra. Una mela rotola via. In mezzo alla frutta, una vecchia fotografia in bianco e nero. Una donna giovane, somigliante alla vecchina, sorride davanti a un portone.
Sul retro: “Vico dei Librai, 1938”.
La seconda versione
C’è un’altra versione, più antica, tramandata solo a voce tra i vecchi del quartiere.
La vecchina non è un fantasma che appare ogni cinque anni. No. Lei è sempre lì. Vive ancora nella sua casa — che non c’è più — in una specie di dimensione parallela. Una piega del tempo. Una bolla.
Ogni giorno si sveglia, prende il borsellino, esce per fare la spesa. Passeggia, parla con i passanti, offre monete ai mendicanti. Poi ritorna, o meglio… ci prova. Quando arriva al muro dove c’era casa sua, si ferma. Si guarda intorno, smarrita. Tocca le pietre. E sparisce.
Un portinaio della zona giura di averla vista ogni dicembre. Sempre la stessa. Sempre con la stessa domanda:
— Vico dei Librai… l’è qui?
Intermezzo. Un archivio dimenticato
C’è un archivio, in un seminterrato del Comune, dove sono custoditi documenti non digitalizzati. Vecchie lettere, denunce, richieste di ricostruzione. Tra queste, una domanda del 1946: “Richiesta di censimento postbellico. Proprietà: vedova N. G., residente in Vico dei Librai 12”.
Mai ritirata. Mai firmata.
Accanto, una nota a penna: “Deceduta? Dispersa?”
E sotto: “Mai identificata”.
L’ultima voce
Una donna di 83 anni, ex maestra elementare, racconta davanti a una telecamera:
— La conoscevo. Si chiamava Lucia. Sempre elegante, educata. Dopo l’allarme, la cercammo ovunque. Ma nessuno la trovò mai. Forse era a casa quando cadde la bomba.
Un silenzio.
— O forse no. Forse era in strada. Ma… da allora, ogni dicembre, sento passi nel corridoio. E profumo di lavanda. Come quello che usava lei.
Il ricordo
Allora, chi è la vecchina che cerca Vico dei Librai?
Una donna uccisa dalla guerra, che non sa di essere morta? Un ricordo collettivo, resuscitato dalla memoria di una città ferita? Un’allucinazione? O un monito?
Forse tutte queste cose insieme.
Quello che è certo, è che le storie, a Genova, non muoiono mai. E nemmeno le strade. Alcune, anche se cancellate dalle mappe, restano incise nei muri, nei sogni, nei sussurri del vento tra i caruggi.
E se, una sera d’inverno, sentite una voce gentile chiedervi:
— Mi scusa… Vico dei Librai?
Rispondete con rispetto. Perché potrebbe non essere una leggenda.
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