Leila: Il fantasma del Carlo Felice di Genova

Leila: Il fantasma del Carlo Felice di Genova


La città di Genova è da molti considerata una città esoterica, misteriosa e popolata da fantasmi, fra i suoi carruggi si nascondono molte anime in pena che periodicamente si mostrano spaventando i passanti, tra questi il fantasma di Leila, lo spettro del Teatro Carlo Felice.



Tempo di lettura 6 minuti - Puoi anche ascoltare la storia dalla Voce dell'Alchimista, video in fondo al racconto


A Genova, nell'alto medioevo, dove oggi si trova la centralissima Piazza De Ferrari, sorgeva la basilica genovese di Sant'Egidio, costruita a sua volta sui resti di un tempio dedicato al dio Mitra, dove i primi cristiani avevano scavato un vasto reticolo di catacombe.

Durante il XIII secolo la basilica, grazie alla spinta di Domenico da Guzman, che fondò la comunità domenicana locale, fu riconvertita nella chiesa e nel convento di San Domenico che, dal 1540, venne designata ufficialmente come sede cittadina della Santa Inquisizione.

Nella storia dell’inquisizione genovese sono noti diversi processi, ma a causa di un violento incendio che distrusse il convento nel 1577, non rimangono molte testimonianze scritte.

Di certo il processo più importante di cui sono rimaste tracce documentali  è il processo alle streghe di Triora in cui ci fu una fortissima tensione tra istituzioni ecclesiastiche e civili senza che questo, peraltro, potesse salvare la vita a donne innocenti, ma molte sono le testimonianze orali di processi a streghe e conseguenti roghi a Piazza Banchi.


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Uno fra questi è datato 1580 e costò la vita alla figlia sedicenne di un noto liutaio che abitava a Via del Filo, la ragazza di nome Lidia Carbone, fu accusata di stregoneria e morì durante il processo.

Come spesso capitava al tempo, non era necessario avere prove certe di stregoneria, a volte bastava una semplice maldicenza a destare l’attenzione del Tribunale e fu così anche nel caso di Leila, una bella ragazza che attirò l’attenzione di un ricco genovese, Camillo Negrone, che si innamorò di lei.

 La giovane ricambiava l’interesse del nobile e quando il loro amore divenne di dominio pubblico, la madre di lui, che voleva per il figlio una moglie di più alto lignaggio, non certo una suonatrice di liuto figlia d’un semplice artigiano, per disfarsi di Leila, la fece accusare di stregoneria da una delinquente di nome Garbarino.

Leila fu immediatamente tradotta in tribunale ed interrogata dalla Santa Inquisizione e morì di stenti e sofferenze nelle segrete del monastero, ancora prima della scontata condanna ed il suo corpo, sepolto nelle catacombe, venne dimenticato e si perse nell’oblio.

Passarono gli anni e nel 1797 le truppe napoleoniche sconfissero la Repubblica di Genova ed i cannoni francesi distrussero parzialmente il complesso di San Domenico, in seguito, dopo il Congresso di Vienna, la Repubblica passò sotto il Regno di Sardegna e il governo del re Carlo Felice decise di radere al suolo quello che rimaneva delle rovine del convento e di costruire al suo posto un monumentale teatro dell'opera.

Il Teatro Carlo Felice fu inaugurato il 7 aprile 1828 con l'opera in due atti Bianca e Fernando di Vincenzo Bellini e l’anima di Laila, che non ha più abbandonato quei luoghi dopo la sua sepoltura, risvegliata grazie alla musica, fece la sua prima apparizione.

Durante la rappresentazione fu vista nel foyer del teatro una giovane dai capelli lunghi e sciolti, vestita con un abito di velluto scuro che le arrivava sino ai piedi, al suo passaggio restò nell’aria un tenue profumo di rose, il suo viso aveva un’espressione dolce ma triste e, così come comparve, misteriosamente così scomparve.

Lo spettro della giovane fu avvistato in molte altre occasioni, alcuni affermano di averla vista tenere in mano un liuto, altri raccontano di una giovane malinconica, altri ancora di una figura dispettosa che permetterebbe l’apertura delle porte solo dietro un’esplicita richiesta dei custodi.

Successivamente molti la videro in altre occasioni ed alcuni affermano che in mano talvolta stringe un liuto sul suo cuore.

In città si dice che, durante i bombardamenti che Genova subì durante la II Guerra Mondiale, in molti abbiano visto lo spettro abbracciato alla statua di marmo del Genio dell'Armonia posta nel pronao, l’unica cosa che rimase intatta mentre il teatro veniva avvolto dalle fiamme.

Durante la ricostruzione nel 1987, ovvero 42 anni dopo i bombardamenti, molti nel cantiere incontrarono la pallida fanciulla vestita di scuro ed il giorno della riapertura, il 18 ottobre 1991, durante il Trovatore di Verdi, i più attenti udirono che qualcuno prolungò gli accordi del liuto e c'è chi afferma di aver visto nel foyer una pallida fanciulla scalza con una veste di velluto scuro.

"Questa è da sempre e sarà per sempre la mia dimora" sembra aver detto, poco prima di svanire tra la folla



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