La mano del Diavolo di Pentedattilo

La mano del Diavolo di Pentedattilo


E notte, un uomo si introduce nel borgo, accompagnato da alcuni uomini armati, con l’intenzione di rapire la sua amata ed infliggere una severa punizione al marchese locale. Molto sangue fu sparso quella notte: il marchese fu trucidato a colpi di lame e fucili, ma non finì lì, fu torturato e colpito a morte chiunque altro si trovasse quella notte nel castello. Gli eventi di quella notte, uniti ad un terribile terremoto nel 1783, furono l’origine del mito di Pentedattilo, il borgo in cui si aggirano i fantasmi.




Pentadattilo è tra i borghi calabresi più caratteristici, si trova in provincia di Reggio di Calabria ed ha una storia molto particolare: dalla sua fondazione e per tutto il periodo greco romano fu un centro molto fiorente e rivestì una certa importanza sia dal punto di vista economico, politico e religioso grazie soprattutto alla posizione strategica ai piedi dell’Aspromonte. 

Tuttavia perse via via rilievo nel corso dei decenni, quando si è iniziato a preferire luoghi più accessibili in prossimità del mare, fino agli anni sessanta del 1900, quanto venne abbandonato a causa dell’instabilità del terreno e della montagna che lo ospita.

La leggenda di Pentedattilo ruota tutta intorno alla rocca, che ad oggi è quasi completamente distrutta dal terremoto ed alla strage degli Alberti, che vede come protagonisti due nobili famiglie: gli Alberti, marchesi del borgo e gli Abenavoli, baroni di Montebello Ionico che era un un paesino vicino.

Si racconta che la notte di Pasqua del 1686 le due famiglie furono protagoniste di una strage sanguinaria, una come vittima ed una come carnefice, ma facciamo ordine e partiamo dalle cause.

Il barone Bernardino Abenavoli si era infatuato di Antonietta Alberti e si era intestardito a prenderla in moglie, ma la donna era stata concessa in sposa a Don Petrillo Cortes, il figlio del viceré di Napoli, i due si erano conosciuti - ed innamorati - durante il periodo in cui Don Petrillo aveva vissuto a Pentedattilo.

Il barone, ferito nel suo orgoglio di uomo e, sentendosi vittima di un tradimento, la notte di Pasqua del 1686 entrò nel castello, aiutato da un servitore della famiglia Alberti e si vendicò di tutti gli Alberti tranne dell’amata Antonietta e del futuro sposo Don Petrillo.

Bernardino prese in ostaggio entrambi ed obbligò Antonietta a sposarlo, ma il vicerè Cortez, informato dei fatti, inviò una spedizione per vendicarsi e, liberato Don Petrillo, diede ordine di uccidere gli uomini di Bernardino. 

Gli esecutori della strage di Pasqua furono giustiziati e le loro teste furono appese alla rocca, mancava solo quella di Bernardino, che riuscì a fuggire, dapprima a Malta ed in seguito a Vienna, dove si arruolò nelle truppe austriache. 

Il matrimonio tra Bernardino ed Antonietta Alberti fu annullato dalla Sacra Rota, ma lei, rosa dal senso di colpa per essere stata la causa di tanta crudeltà, si rinchiuse in un convento di Reggio Calabria, dove terminò la sua esistenza.

Questo fatto di sangue fu la base delle numerose leggende legate a questo borgo, si racconta che nelle notti di forte vento, incuneandosi tra le gole della mano del Diavolo, si possano ancora udire le strazianti grida del Marchese Lorenzo Alberti.

Ma perché la montagna alle spalle del paese si chiama Mano del Diavolo? Tutto nasce proprio da questa vicenda, si dice che quando Lorenzo Alberti fu colpito a morte dal barone, poggiò la mano alla parete, lasciando l'impronta delle cinque dita insanguinate, e che questa sia tuttora visibile nella rupe di Pentidattilo quando, di prima mattina, le pareti di roccia colpite dal sole si colorano di rosso.

Altri narrano che, prima o poi, la mano crollerà sul borgo come punizione di Dio contro i misfatti di sangue dell’uomo ed il fondamento di questa profezia risalirebbe a quella triste vigilia di Pasqua del 1686.


La storia (e non solo questa), con tutti i particolari è narrata da Marina Crisafi nel suo libro Miti, misteri e leggende di Reggio Calabria e dintorni.

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